PARAFRASANDO QUA E LÀ

Spaccato di varia Umanità, interpretato nel segno del buon senso, della propositiva ironia, del fare "Pro", giammai del fare "Contro".

E’ cosa nota che l’atteggiamento dell’ostentazione, di per sé, è sintomo di condizioni emotive configurabili nell’alveo dell’insicurezza, della fragilità, della superficialità od anche, in alcuni casi più complessi, di frustrazione ed interferenze relazionali.

E’ altrettanto cosa di dominio comune che il riconoscimento dell’autorevolezza della persona, per essere tale ed autentico, deve venire dal contesto prossemico e non essere riflesso di proprie ed autonome valutazioni del soggetto interessato.

Ora, al netto delle suesposte premesse di carattere generale, utile e funzionale esercizio relazione potrebbe essere quello di  fondere entrambi gli assunti, al fine di determinare l’ambito entro cui ciascuno ha modo di gestire positivamente le interazioni sociali e la dimensione del “dire, dare e ricevere” rispetto, appunto, agli “altri”.

Alcune circostanze, di per sé casuali, assumono valore indelebile e si connotano nel cosiddetto “bagaglio” che ciascuno, per tutta la sua vita, si porta appresso.

E’ il caso, ad esempio,  della nozione di “Società dei diritti”. Tale assunto, nella sua valenza più alta, si rappresenta quale concreto punto di forza che, in una prospettiva di “Civismo diffuso”, valorizza tout court la Persona e le sue riconosciute prerogative naturali, giuridiche e sociali.

Parlare di “Onda lunga” non è sempre uno slogan e neppure uno stereotipo comunicazionale: è, nella fattispecie, l’esito di modelli di riferimenti, evidentemente non del tutto corretti, né adeguati e funzionali, che hanno segnato, nell’ultimo ventennio, l’impianto delle agenzie formative e della comunicazione.

Per una serie di ragioni logistiche e di varia sostenibilità, purtroppo non sono in tanti quegli automobilisti e motociclisti da annoverare tra i “privilegiati”, che si trovano nelle condizioni di beneficiare di un proprio garage, ampio ed attrezzato o, almeno, adeguatamente ampio e attrezzato, che oltre ad essere idoneo ricovero dei propri mezzi, possa anche essere quel luogo dove avere modo di trascorrere felici e spensierate porzioni del proprio tempo libero, armeggiando  tra controlli dei liquidi, verifica della pressione degli pneumatici, ispezione del vano motore e sistemazione, con vari lavoretti che implichino l’utilizzo di quel kit di chiavi inglesi, cacciaviti, bombolette di liquido lubrificante e paste abrasive d’ogni specie, faticosamente collezionati a costo di risparmi, regalie, acquisti a modo di regalo a se stessi.

Il termine “appiccicaticcio”, generalmente, assume un’accezione negativa. E’ noto ai più. Altrettanto comune è l’idea che ciò che si annoveri quale “appiccicaticcio” assuma valenza di instabilità e di temporaneità, per poi cadere nell’oblio!

Quante volte, cari Voi, nessuno escluso, profittando delle assonanze della nostra Lingua, si tenta e si fa il “gioco delle tre carte”? E’ un gioco teoricamente geniale che, però, per paradosso, trascende e poi sprofonda nell’alveo del più infantile dilettantismo, traducendosi anche in approccio di per sé risibile ed insignificante.

A cosa mi stia riferendo, nel rapporto tra Rispetto/Dispetto/Assonanze della Lingua italiana/Genialita/Opposto della genialità, presto detto: è, per voi tutti, plausibile ascrivere ad una specie di “gioco delle tre carte” tutte quelle condotte della relazione che, dietro l’alibi (debole…) di chi invoca “Rispetto”, invece “conducono” al perseguimento del becero sentimento del “Dispetto”? Quanti e quali danni sono ad esso riconducibili, trasversalmente nel tempo che fu, che è e/o che sarà?