Sembra un paradosso, eppure sta diventando una costante che non meraviglia più nessuno, se non qualche sparuto gruppetto di disillusi che ancora ci credono… Di cosa parliamo? Ecco: la disabitudine a ricevere affetto.
Sì, è una triste realtà, ma la tendenza a non credere più che chicchessia possa essere disinteressatamente affettuoso vero l’altro sta diventando una costante, verificabile a braccio, così come a campione!
Di fatto, si tratta di un’altra delle derive che attanagliano la sfera delle relazioni umane, in un contesto viziato dall’eccesso di Social imbizzarriti, mal gestiti e di cui i più non hanno adeguata consapevolezza. Sicché, oltre lo scenario di faccine, simboli d’ogni sorta sgarbatamente utilizzati e quant’altro a ciò ascrivibile, la maggior parte delle persone sono pressoché disabituate all’affettività de visus, alla stretta di mano, all’abbraccio, al sentirsi dire ti voglio bene… A fronte di tali manifestazioni di scambio, nessuno più ci crede, travisandoli quali banali e stucchevoli manierismi, più vicini all’essere un cerimoniale vacuo e senza senso.
Tanto affermato, lungi dal rappresentarsi a sua volta come indicatore sociologico, è però l’esito della lettura più estemporanea, ma non per questo superficiale, di modalità e dinamiche generate nei contesti che stiamo costruendo, con l’immancabile conseguenza della radicalizzazione delle prassi empatiche, non già riconoscibili se non attraverso il filtro/non filtro che solo in Social di ultima generazione incarna.
In altri termini, un gesto d’affetto spontaneo ed empatico risulta poco credibile, se non falsoide, specie se dato con spontaneità e senso del bene (… di cui il concetto di Bene/Stare Bene/Volere Bene…), Purtroppo assumono valenza di veridicità solo altre forme di scambio e di pathos, sempreché in linguaggio digitale, e basta!
Ci piace tutto questo? Almeno tentiamone un rimedio? Speriamo che prevalga il Buon senso!
Giancarlo Caroleo