SPECIALE NATALE

Pare che la ricetta per la produzione di questo “pane digestivo” sia stata portata in Europa da un monaco armeno, Gregorio di Nicopolis che, di ritorno dall’oriente, si stabilì in Francia nel 992. Da qui il pan di zenzero sbarcò prima in Germania grazie ai monaci e poi, con l’emigrazione delle popolazioni tedesche verso quei luoghi, in Scandinavia. Furono i monasteri che iniziarono ad utilizzare il pan di zenzero in forma di biscotto per sfruttarne le sue proprietà curative. In Inghilterra, proprio perché si pensava che il gingerbread avesse proprietà terapeutiche, era venduto anche nelle farmacie.

Curiosa è anche l’origine dalla quale pare discendere l’usanza di dare una forma “umana” ai biscotti di pan di zenzero, dovuta ad un pasticcere della corte reale della regina Elisabetta I alla fine del ‘500. La regina era solita accogliere nel suo palazzo gli ospiti importanti offrendo loro dei biscotti di zenzero con la rappresentazione della loro figura, ciò suscitava l’ilarità dei commensali proprio per questa particolarità. Questa caratteristica divenne talmente popolare che “l’omino di zenzero” divenne una delle più tipiche figure natalizie britanniche tanto che anche nel film d’animazione Shrek dove uno dei personaggi principali è proprio Zenzy, l'omino di pan di zenzero. Oltre che con la classica forma ad omino, i gingerbread vengono confezionati anche con le tipiche forme natalizie: stelle, casette, fiocchi di neve, stivali; iconica, infatti, è anche la casa di pan di zenzero, nata nell’800 in Germania dopo la pubblicazione delle fiabe dei fratelli Grimm, fra cui Hansel e Gretel, il celebre racconto in cui la strega attrae i bambini con la sua dolce casa di pan di zenzero e dolciumi.
La tradizione inglese vuole che la notte del 24 dicembre si debba mettere sotto l’albero di Natale un bicchiere di latte e qualche gingerbread, così quando arriverà Babbo Natale potrà fare merenda.

Ora per divertire i vostri figli o nipotini, leggete la fiaba dell’omino di pan di zenzero.

Un uomo piccino e una donna piccina vivevano insieme in una casa piccina. Questa anziana coppia, senza figli, decise di cucinare un biscotto dalle sembianze umane e di accudirlo come un bambino vero.

Un giorno la donna piccina impastò un ometto di pan di zenzero: gli fece i bottoni con il ribes, gli occhi con dell’uvetta passa e la bocca con un pezzetto di buccia d’arancia. Dopo lo stese in una teglia e lo infornò, ma quando aprì lo sportello del forno, sentì una vocina chiedere aiuto: “Mammina, mammina, che caldo che fa qui, fammi uscire, fammi uscire!”La donna si intenerì e prese tra le braccia il caldo omino, che  una volta fuori dalla teglia, per non essere mangiato, cominciò a correre e a saltellare per tutta la casa, correndo correndo, saltò fuori dalla finestra e si allontanò dalla casetta. Il vecchino e la vecchina non potevano correre di più, gridavano però: “Vieni qui, vieni qui, per favore! Ti vogliamo mangiare” ma l’omino rispose " Corri pure, tanto non mi prendi, sono l'omino di pan di zenzero!".

Dopo un po’ l’ometto sorpassò una mucca che riposava in un campo che, non appena lo vide, cominciò a rincorrerlo “Fermati omino, fermati che voglio mangiarti” muggì la mucca ma lui sempre correndo e saltellando canticchiava “Corri pure tanto non mi prendi, io sono l’omino di pan di zenzero" e nemmeno la mucca riuscì ad acchiapparlo.

Così continuò a correre per i campi, finché sorpassò un cavallo: "Fermati, fermati e fatti mangiare…" nitrì il cavallo, ma l’ometto di pan di zenzero rise forte e lo prese in giro intonando sempre la sua filastrocca "Corri pure, tanto non mi prendi, sono l'omino di pan di zenzero!" e nemmeno il cavallo riuscì ad acchiapparlo.

In fondo al campo l’ometto sorpassò dei contadini che stavano trebbiando il grano,
essi sentirono il delizioso profumo di biscotto appena sfornato e corsero
tutti fuori dal capannone per prenderlo, "fermati, fermati e fatti mangiare", gridavano i contadini, ma l’omino guizzò tra le loro gambe e ridendo ripeteva la sua canzoncina "Correte pure, tanto non mi prendete, sono l'omino di pan di zenzero!". E nemmeno i trebbiatori riuscirono ad acchiapparlo.

Ormai l’omino credeva di essere il più furbo biscotto mai uscito da una teglia, rideva e ballava e si faceva un sacco di complimenti. "Nessuno potrà mai acchiapparmi" pensava, finché giunse lungo le sponde di un fiume “Oh no!” gridò, “Adesso mi prenderanno!”. Uscì da dietro un cespuglio una giovane volpe “Se vuoi posso aiutarti io ad attraversare il fiume, così riuscirai a scappare”, l’omino, inizialmente fu sorpreso da tale bontà e con aria dubbiosa esclamò “Non vorrai mica mangiarmi?” e la volpe ridacchiò “Scherzi? Voglio solo aiutarti!”. Così, nonostante il dubbio, decise di fidarsi della buona fede della volpe. "Ascoltami bene io non voglio acchiapparti" disse la volpe correndo più forte, "anch’io sto fuggendo dai cacciatori, ma se riusciamo ad attraversare il fiume, saremo salvi entrambi". Quando furono in riva al fiume la volpe disse all’ometto di pan di zenzero: "Salta sulla mia coda e ti porterò dall’altra parte" e così l’ometto saltò sulla coda della volpe che s’immerse nell’acqua, ma subito la volpe si voltò: "sei troppo pesante per la mia coda, montami sulla schiena, così non ti bagnerai". Allora l’ometto di pan di zenzero saltò sulla schiena della volpe. "Sulla mia schiena sei troppo vicino all’acqua, salta sulla mia spalla" disse ancora la volpe dopo aver nuotato un po’. Così l’ometto di pan di zenzero saltò sulla spalla della volpe.
Quando furono in mezzo al fiume, la volpe gridò: "Aiuto…sto affondando…ti prego salta sul mio naso ometto di pan di zenzero!" e così l’ometto saltò sul naso della volpe ed entrambi attraversarono felicemente il fiume.

Non appena ebbero raggiunto l’altro lato del fiume, la volpe fece una scrollata che bastò a gettare in aria l’omino, il quale rotolò alto in cielo e mentre la volpe lo aspettava a bocca spalancata il biscotto gridò: “Non ho più un quarto di me…Non ho più metà di me...Non ho più tre quarti di me…Non ci sono più!” In un solo gnam, finì la fuga del piccolo omino di pan di zenzero. 

Morale della favola: un furbo non può ingannare un altro furbo!