5 COSE DA SAPERE SU...

5 curiosità, spiegazioni e storie su diversi argomenti (territorio, cultura, credenze, tradizioni, ecc.) che ti invoglieranno a proseguire la lettura di questa rubrica.

Bevanda antichissima, la cui origine si fa risalire alla preistoria, il vino oggi accompagna le tavole di tutto il mondo diventando per molti una vera e propria passione, soprattutto nei più giovani.

Per i veri appassionati, la cultura del bere è un vero e proprio culto, fatto di corsi di degustazione, studio e ricerca con rituali da rispettare e gesti irrinunciabili.

Il grande successo del vino italiano ha trasformato la bevanda in protagonista di conversazioni e chiacchierate, non per forza tecniche, dove ognuno scambia la propria opinione su annate, struttura, aroma, provenienza, ecc.

Per questo motivo (e per farvi fare bella figura con gli amici) abbiamo selezionato qualche curiosità sul “nettare degli dei”.

1 – Perché si chiama vino novello?

Il mercato del vino novello si è sviluppato solo negli ultimi anni, precedentemente il consumo era rivolto principalmente a vini destinati all’invecchiamento.

La legge italiana prevede che sia posto in vendita a partire dal 6 novembre dello stesso anno della vendemmia, anno che deve essere obbligatoriamente riportato in etichetta; non è un vino che si mantiene a lungo e va preferibilmente consumato entro la fine dell’anno quindi la sua commercializzazione ha delle regole rigide che prevedono un inizio ed una fine della sua presenza sul mercato.

Il vino nuovo e il vino novello non sono la stessa cosa.

Il vino nuovo è da intendersi "fresco" cioè ottenuto dall’ultima vendemmia con i metodi di vinificazione tradizionali. È perciò un vino giovanissimo e molto profumato.

La caratteristica principale del vino novello è il processo in assenza di ossigeno denominato "macerazione carbonica" che permette una vinificazione velocissima.

I grappoli d’uva (interi) appena raccolti sono sistemati in contenitori di acciaio, in seguito si aggiunge artificialmente anidride carbonica e si porta il tutto ad una temperatura superiore ai 35°.

I grappoli sono lasciati ad auto fermentare dai 5 ai 20 giorni, durante questo periodo gli zuccheri si trasformano in alcool. 

Successivamente l'uva viene pigiata e sottoposta alla fermentazione tradizionale (5-6 giorni circa). Il vino così ottenuto deve avere almeno 11° alcolici.

Trasformato da mosto a vino, il novello viene quindi travasato e immesso nel mercato.

Questo tipo di fermentazione favorisce l’estrazione delle componenti aromatiche perciò il vino novello è un vino leggero, facile da bere, dalla bassa gradazione alcolica, dal colore delicato ma ricco di aromi e profumi; mancando tutte le componenti che caratterizzano corpo e struttura, il vino novello non è adatto all’invecchiamento né a diventare maturo.

2 - Perché le bottiglie da vino hanno colori diversi?

Le bottiglie di vetro utilizzate per conservare e commercializzare il vino erano principalmente di colore verde, in tutte le sue sfumature e tonalità (da qui il colore verde bottiglia), l’evoluzione del settore della lavorazione del vetro e gli studi su ciò che viene denominato “packaging” delle bottiglie da vino ha contribuito alla scelta di precise tonalità, non solo per una questione estetica ma per precise motivazioni tecniche.

Attualmente troviamo in commercio bottiglie di vetro trasparente, verde, marrone o comunque di tonalità scure.

Uno dei fattori fondamentali per garantire una buona conservazione del vino è proteggerlo dalla luce, perciò la scelta del colore della bottiglia diventa importante per evitare l’ossidazione della bevanda.

I colori scuri sono preferiti proprio perché garantiscono una protezione efficace dalla luce solare per cui il liquido contenuto all’interno ha una migliore conservazione. Inoltre, sempre per favorire una conservazione ottimale, si consiglia di riporre il vino in un luogo buio; se non avete una cantinetta buia o un luogo poco illuminato dove metterle, conservate il vino nel suo cartone. Il colore del vino, soprattutto quello bianco, se non conservato correttamente perde il giallo paglierino per diventare ambrato.

La luce non influenza solamente la colorazione del vino ma anche i profumi ed il sapore.

Anche lo spessore del vetro è importante, i vini rossi da invecchiamento richiedono bottiglie con vetro più robusto rispetto ai bianchi che saranno consumati nel giro di qualche anno.

Ultimo consiglio per la conservazione del vino è quello di inclinare di circa 5° le bottiglie appoggiandole sulla pancia, ciò garantirà al vino di rimanere costantemente a contatto con il tappo in sughero mantenendolo umido ed elastico impedendo l’ingresso di ossigeno nella bottiglia.

Ovviamente in presenza di tappo sintetico potete tranquillamente tenere il vino in posizione verticale.

3 – Perché le bottiglie da vino sono da 750 ml?

Le prime bottiglie di vetro adoperate per conservare il vetro non avevano una forma o dimensione standard questo perché essendo realizzate artigianalmente dai soffiatori di vetro, ogni pezzo aveva una forma unica.

Nel tempo, l’aspetto si modifica fino ad ottenere bottiglie di forma più allungata poiché più pratiche sia per il servizio sia per il trasporto del vino.

Verso la fine dell’800 inizia la produzione industriale delle bottiglie.

Ogni regione produttrice di vino, così come oggi, aveva una tipologia di vino tradizionale.

I produttori locali di bottiglie hanno creato formati e colorazioni di vetro adatte per conservare al meglio la tipologia di vino prodotta nel loro territorio.

Nel 1975 la Direttiva Europea relativa agli imballaggi ha reso il formato da 750 ml il migliore in assoluto oltre che più conveniente per i clienti e per gli enologi perciò diventerà il più diffuso del mondo.

Ci sono però altre teorie con motivazioni molto più concrete che motivano questa scelta.

Una di questa è fisica: quando le bottiglie erano realizzate dai soffiatori di vetro, la loro forza polmonare era limitata e consentiva di creare solo bottiglie di dimensioni da 650/750 ml, inoltre sempre a loro è dovuto il fondo concavo detto “a campana”. Gli artigiani spingendo verso l’interno la parte curva del fondo conferivano alle bottiglie una maggiore stabilità.

Il fondo concavo non solo rende la bottiglia più resistente alla pressione dei gas che si formano all’interno ma permette ai sedimenti del vino di depositarsi ai lati.

Il fondo concavo, offrendo un punto di contatto maggiore, velocizza il raffreddamento della bottiglia quando è posta in un secchiello refrigerante, inoltre permette un’impugnatura più agevole e salda della bottiglia (basta inserire il pollice nella cavità del fondo e utilizzare le altre dita per mantenere la presa) in più non tenendo tutta la bottiglia in mano si evita di riscaldare il liquido all’interno servendo il vino alla temperatura perfetta.

L’altra motivazione è prettamente burocratica. All’epoca i più grandi produttori di vino erano francesi mentre i più grandi consumatori e quindi clienti erano inglesi. Le loro unità di misura erano diverse: gli inglesi usavano il gallone, i francesi il litro. Il gallone equivale a 4,54 litri. Nel mondo anglosassone, per questioni di tasse portuali e costi di trasporto, una cassa di vino doveva contenere al massimo 2 galloni. Per rendere i conti più facili decisero di trasportare il vino in botti da 225 litri, quindi 50 galloni, che corrispondono a 300 bottiglie da 750 ml. In questo modo un gallone equivaleva a 6 bottiglie da 750 ml. Ancora oggi le scatole di vino sono composte da 6 o 12 bottiglie.

A livello commerciale la bottiglia di vino da 750 ml più utilizzata è la Bordolese ma esistono anche bottiglie di capacità superiore come la Magnum (1,5 litri) o la Melchizédec (30 litri).

4 – Perché urtiamo i calici, diciamo alla salute o cin cin?

Nell’antichità e fin dal Medioevo l'avvelenamento dei prodotti alimentari o delle bevande era una pratica molto diffusa: il mezzo migliore per avvelenare un nemico era il vino.

Nell’Antica Roma, durante i pranzi, era usanza far urtare i calici, anche energicamente, in modo che qualche goccia della propria bevanda finisse nei bicchieri altrui.

Questa pratica indicava che nessun commensale temeva di essere avvelenato bevendo il vino caduto dai bicchieri degli altri.

Era dunque un gesto di fiducia e condivisione.


Anche dire "alla salute" ha a che fare con l’avvelenamento.Nelle tavolate degli antichi Greci, il padrone di casa, per rassicurare i suoi commensali invitati che non sarebbero stati avvelenati, usava bere per primo dicendo a tutti "alla salute".

Cin Cin invece deriva dal cinese "ch’ing ch’ing" (prego, prego), termine che entrò in uso durante gli anni del commercio con la Cina, tra i marinai e nei porti della vecchia Europa, soprattutto in quelli italiani. Attecchì subito nella nostra lingua per il suono onomatopeico che richiamava quello di due bicchieri che si toccano tra loro ed utilizzata quindi come augurio per un brindisi. Il galateo non prevede che per i brindisi si debba dire cin cin, è sufficiente guardarsi negli occhi e confermare l’augurio con un sorriso. 

5 – Perché l’ultimo bicchiere della serata è detto bicchiere della staffa?

L’origine di questa espressione è tutta italiana riconducibile a una tradizione toscana del XIX secolo.

Molto spesso i locandieri e gli osti per dimostrare riconoscenza nei confronti del loro importante cliente, accompagnavano i signori che si erano intrattenuti nel loro locale, fino al cavallo con il quale sarebbero tornati a casa e offrivano loro un bicchiere del miglior vino che avevano a disposizione proprio nel momento in cui il signore montava a cavallo.

La staffa è uno dei finimenti che fanno parte della sella che facilitano la discesa e la salita a cavallo.

I signori erano soliti bere l’ultimo bicchiere quando avevano già infilato un piede nella staffa ed erano quindi ormai pronti a montare in sella al cavallo e fare ritorno alle proprie abitazioni.

Si trattava perciò di un vero e proprio “rituale sociale”, un segnale di rispetto e di gratitudine, era interpretato come un augurio di buon viaggio ma anche un tentativo di convincere l’illustre cliente a tornare in quel locale.