Fino a qualche anno addietro alcuni mezzi erano considerati Brutti, in quanto tali. Brutti e basta, senza replica.
L’elenco di tali obbrobri automobilistici non era corposo, ma alquanto significativo. Ad esempio, la Fiat Duna Berlina che, per anni, anche dopo la sua uscita dal mercato, era annoverata, nel senso comune, tra le auto più brutte di sempre. Lo stesso dicasi per la linea ex Innocenti: i modelli Elba, specie la Station Wagon, fino a tutte le Koral, compresa la sua versione spider.
Anche l’Alfa aveva generato dei mostri (almeno, così intesi): l’Arna, così come la 145 e la 146, senza inserire, nell’alveo, la più tollerata 164. L’elenco potrebbe anche essere allungato, quasi a dismisura, senza trovare opposizioni da parte di chicchessia. Ma, un dubbio, plausibile e comprovabile, si manifesta in maniera definita: alla luce della lista nera dei tanti Brutti anatroccoli summenzionati, sembra essere definitivamente scomparso il senso del bello da tutti gli idiomi dell’estetica del design dei nostri giorni.
In questo nostro tempo, il concetto di auto bella sembra essere stato addirittura debellato dall’immaginario collettivo. Con i parametri attraverso cui si discettava in merito all’orrore Duna, alla sgangherata Palio, alla miserrima Koral, in vero, avremmo modo di annoverare tra i mostri del disegno industriale la maggior parte dei modelli partoriti dal discutibile genio estetico che governa le linee massive dell’odierna produzione industriale. Oggi, le case automobilistiche (ormai, per lo più unificate), producono vere e proprie scatolette, ancorché dilatate nelle dimensioni, tutte uguali, quasi informi e senza anima. Ma nessuno più le definisce Brutte!
Appunto, ci si chiede che fosse più brutta un’Alfa 156 rispetto alle automobiline sfornate in serie, identiche, che però fanno di diverso solo il nome? Era orrida la Koral, mentre risulta bellissima una … che ne è, peraltro la copia storpiata? Era mostruosa l’Elba rispetto ai reietti che arrivano da noi da tutto il mondo, senza poterne nemmeno identificarne il nome?
Ma, ecco il vulnus: sapere cosa si sappia intendere per brutto e per bello!
Giancarlo Caroleo