5 COSE DA SAPERE SU...

5 curiosità, spiegazioni e storie su diversi argomenti (territorio, cultura, credenze, tradizioni, ecc.) che ti invoglieranno a proseguire la lettura di questa rubrica.

La popolarità dei drink cresce di anno in anno così come allo stesso modo cresce la complessità delle loro preparazioni. I primi cocktail elaborati nacquero durante il Proibizionismo americano, negli anni ’20 e ’30; l’alcool era vietato e consumato clandestinamente nei locali detti “speakeasies” con liquori di contrabbando e di bassa qualità.

Proprio per questo motivo i baristi tendevano a mixare l’alcool con altri ingredienti creando ricette inedite. Il 24 febbraio 1951, una commissione dei migliori barman del mondo decise di fissare delle regole di dosaggio,  suddividendo i cocktail in gruppi e selezionando i 50 drink più conosciuti e prestigiosi, nonostante questa classificazione ogni giorno, grazie all’estro creativo di tantissimi barman nascono tantissime nuove proposte di cocktail, mixati, serviti e decorati in modi originali e particolari.

Conosciamo i nomi dei cocktail e dove andare a bere i migliori, ma ora preparate il bicchiere e scoprite con noi la storia di 5 famosissimi drink!

MOJITO

Menta, Lime, Rum e zucchero di canna…ingredienti di uno dei cocktail più amati al mondo, simbolo di freschezza e della stagione estiva!

Il Mojito era uno dei preferiti di Ernest Hemingway. Lo scrittore aveva un rapporto speciale con l’isola di Cuba nella quale soggiornò tra gli anni ’30 e gli anni ’50 del Novecento; armato di taccuino e dell’immancabile sigaro, soleva trascorrere le calde sere cubane sorseggiando l’ormai celebre bevanda caraibica raccontando la storia di questo drink nei bar che frequentava, scrivendone alcuni passaggi proprio mentre lo sorseggiava nel suo bar preferito di Cuba: la Bodeguita del Medio, un locale pittoresco e carico di fascino frequentato anche da mostri sacri quali Errol Flynn, Salvador Allende, Ava Gadner, Pablo Neruda, Nat king Cole, Mohammed Ali, Gabriel García Márquez.

Si narra che Hemingway lasciò scritto all’interno del locale “My mojito in La Bodeguita, my daiquiri in El Floridita”. La particolarità della ricetta originale del Bodeguita, che ancora si conserva nel locale, era l’utilizzo del ghiaccio a cubetti. Il cubetto ha una massa maggiore rispetto a quello tritato (utilizzato ormai ovunque nella preparazione del Mojito) ed è preferito dai cubani, che mal giudicano l’annacquamento precoce dovuto al ghiaccio tritato. Il nome Mojito forse potrebbe derivare dal termine “mojo” che in lingua voodo significa “incantesimo”, termine associato a Hemingway che pareva stregato da quel cocktail per lui tanto speciale. Non è un segreto per nessuno che lo scrittore inglese fosse un grande bevitore.

La leggenda narra di un cavaliere inglese, Sir Francis Drake, che, dopo aver circumnavigato il mondo, arrivò con la propria nave nella regione dell’Havana, a Cuba nel XVI secolo. Conosciuto per essere un grande fruitore di quello che ai tempi era definito “coraggio liquido”, bevanda sempre presente sulle sue navi, Sir Francis Drake con aguardiente (una sorta di rum ricavato dal distillato del succo della canna da zucchero), lime, acqua, zucchero di canna e una specie locale di menta, la hierba buena, miscelò il primo Mojito della storia del mondo, che battezzò con il nome El Draque o Draquecito in omaggio a se stesso. Pirati e navigatori erano soliti servirsi dell’alcool per prendere coraggio nell’affrontare pirati avversari, assalire le navi e depredare con foga tutto ciò che incontravano sul loro cammino, quindi il cocktail nacque con lo scopo di aiutare i marinai a prendere coraggio e a non avere paura durante gli assalti.

La sua funzione però non era solo questa! Questo alcolico era utilizzato anche per non far marcire l’acqua contenuta nelle botti, inoltre il lime al suo interno aveva una sorta di funzione disinfettante e, grazie alla vitamina C, aiutava le persone a combattere lo scorbuto, la malattia che al tempo si diffondeva tra i marinai che passavano molto tempo sulle navi. Il Mojito “moderno” fa il suo ingresso soltanto a metà dell’800, in concomitanza alla nascita del rum, grazie alle tecniche di distillazione e invecchiamento perfezionate dalla distilleria Don Facundo Bacardi y Massò.

NEGRONI  

Gin, vermouth rosso e Campari, tre gli ingredienti per creare il Negroni, il cocktail che ha fatto la storia dell’aperitivo. L’invenzione risale al periodo che va dal 1917 al 1920.

Amante dei cavalli e delle belle donne, il conte Camillo Negroni viveva all’insegna dell’avventura e dell’eleganza. Frequentava i salotti aristocratici più importanti e bar molto raffinati, tra cui il Caffè Casoni, locale in Via de' Tornabuoni frequentato da nobili e intellettuali a Firenze. Ed è proprio qui che un giorno, di ritorno da uno dei suoi innumerevoli viaggi, chiese al barman e amico Folco Scarselli una modifica al solito drink (l’americano, cocktail del momento conosciuto anche con il nome Milano-Torino) un mix di bitter e vermouth rosso. Ritenendo il drink troppo leggero, il conte chiese di renderlo più alcolico sostituendo il selz con del gin, così come aveva visto fare a Londra, inoltre pretese di contraddistinguere il “suo” cocktail mettendo nel bicchiere una scorza di arancia.

Da quella semplice richiesta è nato il più celebre tra i cocktail. In poco tempo, infatti, sempre più persone hanno cominciato a chiedere a Folco Scarselli il drink “alla maniera del conte Negroni“. Da qui il celebre Negroni, cocktail nato in Italia e sbarcato in tutto il mondo che ha dato origine a diverse varianti come il Negroni sbagliato nato a Milano nel bar Basso, all’inizio degli anni ’70 in seguito all’errore del bartender Mirko Stocchetto che confuse la bottiglia del gin con quella del prosecco…una versione più leggera e meno complessa, grazie alla presenza delle bollicine.

CUBA LIBRE

Uno dei classici cocktail estivi appartiene alla categoria dei long drinks.

Le sue origini risalgono agli inizi del ‘900, durante la guerra ispano-americana in cui Cuba ottenne l’indipendenza dalla Spagna, sconfitta dagli USA. La leggenda narra che un militare americano, sostando all’American Bar a L’Avana, chiese al barman di miscelare “Coca Cola americana e rum cubano in un bicchiere con ghiaccio, assieme a una spruzzata di lime”. 

Sollevò poi il drink in un brindisi con gli altri avventori, gridando “Por Cuba libre!” (“Per Cuba libera!”).

Secondo altre fonti l’invenzione fu opera di un barista cubano, che volle unire simbolicamente due culture. Infine, una terza ipotesi vuole il cocktail dedicato a un giornale omonimo, nato a Cuba nel 1928. In Italia è molto diffusa la versione con chinotto al posto della Coca Cola, chiamata Cubotto. Attenzione però, perché Rum e Cola, invece, è una cosa diversa.

SPRITZ

Come il Cuba Libre, anche lo Spritz appartiene ai long drinks, cocktail in cui la parte alcolica è abbondantemente controbilanciata da ingredienti analcolici. 

Il suo nome si ricollega proprio all’intento di diluire l’alcool. Pare che a inventare lo Spritz, infatti, siano stati militari, diplomatici e altri lavoratori austriaci che si trovavano in Veneto nell’800, ai tempi dell’Impero austro-ungarico.

Non abituati alle forti gradazioni dei vini locali, chiedevano che questi fossero allungati con acqua frizzante o selz. Il nome del cocktail deriverebbe dal tedesco “spritzen”, “spruzzare, allungare”.

Da qui, il cosiddetto vin sprizato.

Lo Spritz diventa ufficialmente un cocktail negli anni 20 e 30 del 900, presumibilmente tra Padova e Venezia, dove si mescolò alla ricetta originale Aperol o Select. La leggerezza in termini alcolemici, il sapore dal retrogusto amarognolo e la presenza delle “bollicine” fecero subito colpo sulle nobildonne austriache che iniziarono a bere Spritz durante i loro eventi mondani.

BELLINI

Il Bellini è il primo degli sparkling cocktail, ovvero quei cocktail che hanno come componente principale un vino frizzante, come il prosecco, lo spumante o lo champagne. È il long drink italiano per antonomasia. 

Nasce, nel 1948, a Venezia, grazie all’estro del barman Giuseppe Cipriani, proprietario del famoso Harry’s Bar (un’antica corderia, situata in una calle defilata rispetto all’affollata Piazza San Marco sebbene adiacente alla stessa), che ideò questa miscelazione fondendo due prodotti tipici della sua regione: la pregiata pesca bianca di Verona ed il prosecco.

Si racconta che Cipriani s’ispirò alla mostra di Bellini (pittore italiano cittadino della Repubblica di Venezia, tra i più celebri artisti del Rinascimento, noto anche con il nome Giambellino) che si stava tenendo a Palazzo Ducale. Lo chiamò in questo modo per via del colore rosato, che gli ricordava quello della toga di San Francesco presente nel dipinto a olio su tavola “San Francesco nel deserto”.

Il cocktail deve la sua fama internazionale al fatto che l’Harry’s Bar è stato da sempre meta favorita di personaggi come Gianni Agnelli, Sinclair Lewis, Charlie Chaplin, Orson Welles, Arturo Toscanini, Guglielmo Marconi, Vittorio Gassman, Eugenio Montale. Ernest Hemingway all’Harry’s aveva un suo tavolo riservato nell’inverno tra il 1949 e il 1950 data di ultimazione del romanzo Di là dal fiume e tra gli alberi, in cui il bar veneziano è citato diverse volte. In breve tempo divenne uno dei cocktail stagionali più apprezzati dell’Harry’s Bar diventando popolare anche nella sede dell’Harry’s Bar di New York, grazie anche a un imprenditore francese che riuscì a instaurare una rotta commerciale per trasportare la polpa delle pesche bianche dall’Italia agli Stati Uniti.

Il Bellini è uno dei cocktail ufficiali dell’Associazione Internazionale Bartender. Questa geniale invenzione ha portato in seguito molte varianti: Rossini, con le fragole, Puccini con il mandarino, Tintoretto con il melograno, Mimosa, con l’arancia.